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Draghi e il gas algerino

Il 15 luglio 2022 Draghi ha annunciato le sue dimissioni irrevocabili da capo del governo, e tutti lo hanno dato per spacciato. Il presidente della repubblica Mattarella per tutta risposta lo ha rimandato per il 20 luglio al Parlamento. Perché gli ha dato cinque giorni? Perché Draghi doveva recarsi in Algeria a firmare un importante contratto di fornitura di gas, nel quadro del piano generale dell’Unione Europea di rinunciare gradualmente al gas russo, anche se quello algerino coprirebbe a malapena un terzo del fabbisogno annuo acquistato attualmente dalla Russia. E’ singolare che un contratto di tale portata storica venga firmato da un presidente del consiglio dimissionario, e fa sorgere non pochi sospetti del tutto giustificati, ma tant’è. Al suo rientro in patria, il quadro politico è totalmente mutato: ora pare che Draghi sia sostenuto da tutti i poteri forti, potrebbe restare in carica. Dunque, cosa è successo in Algeria, in realtà?

L’azienda di Stato algerina del gas si chiama Sonatrach. Lo sottolineo: appartiene allo Stato. L’area di estrazione interessata, con 24 pozzi, è nel sud-ovest del Paese, al confine col Marocco, nella regione del comune di Oum El Assel, nella provincia di Tindouf, precisamente nel bacino di Berkine. Sono oltre 3.000 kmq. I giacimenti algerini di gas naturale esplorati complessivi ammontano a quattro trilioni di mc (in Africa, secondi solo alla Nigeria, con oltre cinque trilioni), ma si trovano prevalentemente nella parte centrale e orientale del Paese. Situazione simile per il petrolio: con un miliardo e mezzo di tonnellate, sono terzi dopo la Libia e la Nigeria. Nel bilancio energetico algerino, il gas naturale rappresenta il 62%, il petrolio il 34%, il carbone appena il 2%, mentre l’energia idrica si limita ad un mezzo punto percentuale.

L'area coinvolta è quella colorata di bianco.
L'area coinvolta è quella colorata di bianco.

Come è noto, Gazprom è per la Russia l’omologo di Sonatrach, nel senso che, di fatto, è statale. Ebbene, nel 2009, ben tredici anni fa, in epoca insospettabile, i due hanno firmato un contratto di prospezione di El Assel per gas e petrolio, la quota russa è del 49%. Quel che sto dicendo è che pagando Draghi il gas algerino, metà dei proventi vanno alla Russia. Bel colpo, no? Attendo impaziente che, per i guerrafondai filoatlantisti italici, ciò suoni da conferma della bislacca teoria per la quale la moria in atto tra i leader europei sia orchestrata da Putin, che, perfido, lavora sottotraccia per distruggere l’unità euroccidentale. E quale sarebbe la strategia di Putin? Quella di privare Gazprom, e dunque il proprio Paese, di un appetibile gruzzolo? Perché, giova ricordarlo, a seguito delle sanzioni antirusse, la Russia ha incrementato le sue forniture di gas alla Cina del 67%, e la tendenza oggettiva suggerisce l’aumento costante in prospettiva. Certo, per ora si tratta di poca cosa: 16 miliardi di mc contro i 155 forniti all’UE, ma ciò che conta è, appunto, la curva prospettica, che già ora ha fatto schizzare alle stelle i prezzi mondiali. Tutti ricordano le preoccupazioni euroccidentali, quando un anno fa si temeva che si potesse superare la barriera psicologica dei mille dollari per mille metri cubi. Ora siamo oltre i 1.700. Per ora, va molto meglio a Stati Uniti e Giappone. Per ora.

Azzurro: UE. Rosso: USA. Verde: Giappone. Aggiornato a prima dell'Operazione Militare Speciale russa nel Donbass.
Azzurro: UE. Rosso: USA. Verde: Giappone. Aggiornato a prima dell'Operazione Militare Speciale russa nel Donbass.