Найти в Дзене

20220510 Odessa

Quel che voglio spiegare è come Odessa, di fatto, sia stata sempre una città russa. Questo non vuol dire affatto che ora debba entrare a far parte della Federazione Russa, è una decisione che, al limite, dovranno prendere democraticamente gli abitanti della città, per esempio attraverso un referendum, ma non vuol dire nemmeno che per forza non debba farne parte. Per l’Organizzazione delle Nazioni Unite, è quel che si chiama principio inviolabile all’autodeterminazione dei popoli.

La città è stata fondata a fine XVIII secolo dall’impero russo, l’Ucraina manco esisteva. Essendo un porto di mare sia letteralmente che in senso traslato, è sempre stata oggetto di insediamenti e, talvolta, di invasioni, da parte dei popoli più disparati, dai turchi ai tartari, dai rumeni ai tedeschi, dagli austroungarici ai francesi, dai serbi ai polacchi, dai lituani ai greci. Fu più volte bombardata da francesi e inglesi, che non si smentiscono mai. Ci furono anche altri insediamenti: albanesi, armeni, azeri, bulgari, georgiani.

Gli italiani, o, più precisamente, i genovesi della Repubblica marinara, furono presenti in quella regione fin dal XIII secolo, ma non hanno mai avuto una presenza storicamente rilevante, misurabile sempre in una decina di migliaia di persone, ma in decimali di punto percentuale, se non invece da un punto di vista architettonico (e, naturalmente, commerciale). Odessa è gemellata giustappunto con Genova. Il già citato architetto Francesco Boffo mi risulta che sia nato a Orosei, in Sardegna, e rimasto in attività a Odessa addirittura per oltre quarant’anni, dal 1818 al 1861, rimanendo poi in città, morto a Cherson e sepolto a Odessa nel 1867.

E’ interessante piuttosto seguire l’evoluzione demografica delle etnie. A cavallo tra il XIX e il XX secolo i russi erano la metà della popolazione, e così è stato fino agli anni 1930. Poco prima della Seconda Guerra Mondiale, invece, con un terzo complessivo, sono prevalsi gli ebrei (rimanendo comunque i russi il 31%). I nazisti ne sterminarono qualche centinaio di migliaia, e così attualmente rappresentano appena l’1%.

E’ solo con la dissoluzione dell’URSS che sono prevalsi gli ucraini, la metà, ma anche questo dato nasconde delle sorprese: ucraini sì, ma di lingua russa, intesa come la lingua parlata in famiglia, a casa, in cucina, e dunque la lingua madre: fino al 2015 il 78% parlava russo, e solo il 6% ucraino.

Odessa è sempre stata una città ridanciana, una fucina di barzellette che fanno parte della memoria collettiva di tutta la Russia, addirittura con volumi interi pubblicati. Bisogna però dire che la maggior parte delle barzellette riguardano gli ebrei e sono state inventate dagli ebrei: nessuno potrà mai togliere loro il tipico senso umoristico, persino ora che di ebrei non ne sono quasi rimasti più. Insomma, non solo sono odessiti, ma sono ebrei, e non solo sono ebrei, ma sono odessiti.

Il 2 maggio 2014, nel Palazzo dei sindacati di Odessa, i fascisti hanno arsa viva una cinquantina di antifascisti che si opponevano al colpo di Stato dei golpisti di Kiev. Questa mattanza in Occidente viene presentata regolarmente come uno scontro tra opposte fazioni. Ecco, da allora gli odessiti hanno perso la voglia di ridere. Ma questo è un argomento di eccessiva attualità, forse ne riparleremo tra un decennio.

Per alleggerire, vorrei lasciarvi con una canzone dedicata a Odessa degli anni ’40 del secolo scorso, che in Russia conoscono tutti. Il titolo, tradotto letteralmente, parla di chiatte piene di cefali, ma narra di un portuale che riscuote molto successo tra le ragazze, mentre poi si innamora perdutamente e cambia completamente carattere.