Il membro del Comitato nazionale di bioetica e Associato di Chimica Fisica Assuntina Morresi mette in guardia sulla “mancanza di evidenze scientifiche” per quanto riguarda i casi di disforia di genere e l’utilizzo del principio attivo in bimbi e ragazzi
Un farmaco a carico del Sistema sanitario nazionale e dagli effetti collaterali preoccupanti per curare una disfunzione – quella della disforia di genere – che, stando a quanto affermato dall’Aifa nella richiesta di parere indirizzata al Comitato nazionale per la bioetica, interesserebbe appena due persone su 100mila. Eppure il Cnb che fa capo alla Presidenza del Consiglio, pur con contrasti interni, ha dato negli scorsi mesi il via libera all’utilizzo di Triptorelina nei minori e nei bambini, rilevando in un documento di 30 pagine scritto a più mani che:
l’uso del farmaco per Disforia di genere negli adolescenti è caratterizzato da incertezza: non esistono studi di sicurezza e dati sufficienti di follow-up in grado di rassicurare sulla mancanza di effetti collaterali a breve e a lungo termine. Non risulta sufficientemente provato se l’interruzione della pubertà fisiologica possa avere conseguenze negative sulla crescita, sulla struttura scheletrica, sull’apparato cardio-vascolare, neurologico-cerebrale e metabolico e sulla fertilità. I dati disponibili sono di tipo aneddotico, osservazionale o narrativo per quanto riguarda sicurezza ed efficacia: senza adeguati controlli sperimentali è impossibile un giudizio scientifico sui rischi. Non sono ancora sufficientemente esplorate le conseguenze del blocco dello sviluppo sessuale in rapporto allo sviluppo emotivo-cognitivo che procede. Un punto critico bioetico è la partecipazione e il consenso al programma terapeutico dell’adolescente. Nella somministrazione del farmaco va considerata la condizione di particolare vulnerabilità degli adolescenti sotto il profilo psicologico e sociale. Si pone, dunque, il problema in quali termini un assenso di un minore possa essere espresso in modo realmente libero, valido, senza interferenze esterne.
C’è dunque del paradossale nella relazione in cui viene espresso un giudizio etico sull’utilizzo di Troptorelina, perché il Cnb smentisce il Cnb stesso: ufficialmente il via libera al consumo del principio attivo da parte dei minori è stato dato, ma sono i medici stessi (o almeno una parte di essi) a mettere in guardia dal suo utilizzo in età infantile o adolescenziale. In particolare la dottoressa Assuntina Morresi. Associato di Chimica Fisica, è la firmataria di una lunga postilla in cui manifesta perplessità per l’inserimento della TRP nell’elenco degli off labelrimborsabili dal SSN”, in quanto la scelta, motiva “rischierebbe di favorirne l’uso“.
Dal punto di vista scientifico, l’esperta sottolinea come l’uso finora autorizzato della TPR riguardasse i casi clinici di pubertà precoce. Come, cioè, l’utilizzo fosse finalizzato a interrompere una “pubertà patologica, per esempio in bambini molto piccoli di 7-9 anni, non a interrompere la pubertà fisiologica. Non si capisce poi in che modo l’aumento delle differenze – continua la dottoressa – del blocco dello sviluppo corporeo mentre continua quello cognitivo, possa diminuire tale problematicità”. A questo aggiunge che i dati esistenti sull’esito del SRS (Sex Reassignment Surgery) mostrano che i tassi di mortalità di chi si affida a pratiche del genere sono “generalmente molto più elevati rispetto a quelli della popolazione in generale”. Tra le dinamiche che portano al decesso c’è proprio il suicidio, che i promotori della Triptorelina contano di scongiurare con il suo utilizzo.
LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E LA DEPATOLOGIZZAZIONE DELLE INCONGRUENZE DI GENERE. Morresi rileva inoltre che dietro la volontà di far rientrare la Triptorelina tra i farmaci reperibili gratuitamente e quella di farla utilizzare ai minori, potrebbero esserci gli interessi di alcune organizzazioni. “I pareri citati – afferma – si occupano di indubbie, gravi situazioni patologiche, mentre la tendenza delle principali organizzazioni internazionali di riferimento è quella della depatologizzazione delle incongruenze di genere. L’analisi dell’esperta tocca anche la ratio del metodo e le sue implicazioni: “com’è possibile in queste condizioni di non appartenenza a nessun genere – domanda l’esperta – esplorare la propria identità di genere? Rispetto a quale ipotesi si verifica e si esplora se non esiste il corpo sessuato? Nel parere CNB sui disturbi della differenziazione sessuale dei minori di 16 anni, nel caso di incerta attribuzione sessuale del nato si raccomandava comunque di individuare un sesso natale, definendo l’interesse preminente del bambino a essere cresciuto in senso maschile o femminile”, riferisce.
La disamina si concentra anche sullo “sbaglio” di curare l’omosessualità con una transizione di genere definitiva.
Morresi: “Triptorelina è uguale a sterilità certa”. Ancora più allarmante è quanto rilevato dall’esperta in relazione alla fertilità, sia maschile che femminile, in caso di utilizzo del principio attivo in età adolescenziale o puerile. “I dati sull’effetto a lungo termine della TRP sulla fertilità sono noti solo per il suo uso nella pubertà “patologica” e non “fisiologica”, e quindi attualmente non ci sono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel genere natale”. In altre parole, non esiste garanzia che con l’interruzione del trattamento l’apparato riproduttivo torni funzionante. “Nel caso in cui, invece, si voglia continuare un percorso di transizione – conclude Morresi – si va verso una sterilità certa".