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Il Viminale richiama all’ordine il Comune di Riace

L’ente dovrà restituire le somme erogate e mal utilizzate. Procedure irregolari, subappalti e gestione allegra delle abitazioni, sono alcuni dei rilievi fatti dagli ispettori del ministero dell’Interno giunti nel comune del Reggino dal 2016 al 2018
L’ente dovrà restituire le somme erogate e mal utilizzate. Procedure irregolari, subappalti e gestione allegra delle abitazioni, sono alcuni dei rilievi fatti dagli ispettori del ministero dell’Interno giunti nel comune del Reggino dal 2016 al 2018

Stop ai progetti Sprar e recupero dei contributi erogati a causa delle palesi irregolarità di gestione emerse nel corso delle numerose ispezioni effettuate. È quanto ha deciso il ministero dell’Interno in relazione al Comune di Riace. A togliere ogni dubbio sulla decantata bontà di un’accoglienza che – si legge nelle 21 pagine ministeriali – presentava invece gravi “pecche” – sono i funzionari del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione. Gli appelli del dicastero, come emerge dal documento, sono iniziati nel 2016, cioè quando gli ispettori della Prefettura hanno iniziato a mettere insieme i pezzi di un puzzle complesso, e a smontare la facciata che Lucano, consiglieri vicini e sodali di associazioni e cooperative si erano affannati a costruire. Puntuali i rilievi dei funzionari, inascoltati da Lucano, da chi era altresì preposto alla gestione dell’accoglienza e dalle sfere alte del ministero uscente in capo al reggino Domenico (conosciuto come Marco) Minniti. Dove Lucano, stando a quanto scritto nell’ordinanza della Procura di Locri che ha disposto l’arresto del sindaco, avrebbe contato su diverse facce amiche.

La gestione delle case preposte all’accoglienza e la sovrapposizione di Cas e Sprar. Le ispezioni dei funzionari cominciano a luglio del 2016, proseguono nel 2017 e si concludono a maggio del 2018. Già alla prima occasione, in uno degli appartamenti di Riace Marina vengono sorpresi non i dei beneficiari degli Sprar, ma una coppia di nigeriani che con i progetti non c’entravano nulla. Era uno degli immobili vicini, ancora, a ospitare “beneficiari di accoglienza prefettizia”. In pratica i finanziamenti per l’accoglienza c’erano, stanziati, pronti e tanti, ma non le persone. Quelle presenti avevano già altre forme di assistenza o provenivano dai Centri di accoglienza straordinaria, i Cas. Non avrebbero dovuto avere nulla a che fare, quindi, con il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. In alcune casi, inoltre, le case venivano trovate in condizioni di fatiscenza ed evidente abbandono.

La banca dati bypassata e le emergenze immaginarie. Non che da Lucano non arrivassero giustificazioni in merito. La gestione ambigua delle case sarebbe stata ricondicibile alla “normale interazione tra ospiti”, così come la prolungata permanenza e la gestione assai elastica dei progetti sarebbero state causate da “situazioni altamente vulnerabili”. Presunti aspetti che il sindaco, tuttavia, non aveva pensato di documentare al Servizio centrale, nonostante gli obblighi dettati dal decreto ministeriale del 10 agosto 2016. Dettagli sullo stato degli immobili e documenti catastali, nominativi degli ospiti e loro situazione sociale: al ministero, nonostante i ripetuti richiami, non arrivava nulla. Anche i pochi dati che venivano forniti per l’inserimento nella banca dati risultavano, nei fatti, non coincidenti.

“Mancata o tardiva registrazione dei contratti”. Gli ispettori rilevavano, inoltre “l’anomalia segnalata e accertata in occasione delle visite condotte nel 2016 e nel 2017, e proseguita nel corrente anno”, che riguardava diversi immobili, con scadenza superiore anche a 17 mesi” che non venivano registrati o messi in regola solo in maniera tardiva. Una condizione che Lucano attribuiva alla “drammatica carenza dei fondi” quando di fondi, a Riace, ne erano piovuti a bizzeffe.

L’utilizzo dei bonus. Stando a quanto scritto nel documento, la gestione allegra riguardava anche i pocket money che erano nelle possibilità degli ospiti di Riace. La Prefettura di Reggio Calabria nel corso delle visite del 14 e del 16 maggio di quest’anno rilevava infatti che “la soluzione continua ad essere criticata in maniera univoca, in quanto non consetirebbe l’accesso a molti negozi (e a nessun esercizio commerciale fuori dal paese) che vendono prodotti essenziali soprattutto per i bambini, e sarebbe fioriera di manipolazioni in sede di cambio-valuta”. I migranti spendevano, ma solo negli esercizi vicini all’entourage di Lucano, senza nessun riguardo verso le reali necessità. Neppure verso quelle dei minori.

Le procedure irregolari nell’affidamento dei servizi. I sei enti incaricati allo sviluppo dei progetti, inoltre, erano dal 2014 individuati senza nessuna procedura selettiva, come segnalato dalla Prefettura di Reggio Calabria in occasione della visita ispettiva del 2016. In occasione di questa veniva inoltre rilevato che le convenzioni non erano stipulate come dovuto, ed erano cioè manchevoli di possibili aspetti sanzionatori in caso di inadempienza lavorativa, o di riferimenti sulla dotazione di personale e sulla tipologia di professionalità da impiegare. Lucano si avvaleva inoltre dello strumento della “proroga tecnica” che dovrebbe invece essere utilizzato per dinamiche diverse che non riguardano la gestione ordinaria.

Le conclusioni del ministero. Per queste e per altre ragioni contingenti su cui torneremo, il ministero ha pertanto, considerato “l’ulteriore protrarsi di modalità gestionali non conformi alle regole che presiedono al corretto utilizzo dei finanziamenti pubblici destinati all’accoglienza dei richiedenti asilo”, stabilito la revoca dei benefici al Comune di Riace e “l’eventuale recupero di contributi già erogati per la cui determinazione si dovrà attendere  l’esito dei procedimenti in corso”. Al Servizio centrale è stata inoltre inviata richiesta di procedere al “trasferimento/uscita degli ospiti in accoglienza”. Il Comune di Riace è inoltre chiamato a rendicontare entro 60 giorni dal trasferimento/uscita dei beneficiari le spese sostenute, al fine di definire le somme da restituire agli organismi competenti.