Cinque mesi di “dimenticanza” per il sindaco piddino Giuseppe Sala, che non ha ancora dato disposizione per la rimozione dei simboli del gay pride dalla trafficata fermata di piazza Venezia a Milano. Ma ora arriva la petizione di chi è convinto che “Atm ha ceduto alle pressioni del primo cittadino”
Lo spazio urbano, si sa, non è mero contenitore. Ogni giorno lo calpestiamo, ci camminiamo dentro, ne guardiamo i paesaggi, le architetture, le infrastrutture. E’ quello spazio da cui – notoriamente – preleviamo parte degli stimoli pubblicitari che da qualche tempo a questa parte ci bombardano. In quest’ottica, uno snodo come la fermata di Piazza Venezia a Milano può diventare – assurdo ma è così – presidio ideologico. E poco importa se a decine di migliaia di contribuenti, cittadini e turisti non gliene importi un fico secco delle cause che sponsorizza.
A loro Giuseppe Sala, il sindaco piddino che nel corso dell’ultimo gay pride si è fatto vedere in testa al corteo, non ha pensato. Alla comunità Lgbt cui è molto vicino, sì. Tanto che la fermata di Piazza Venezia è stata modificata per la manifestazione (manco fosse l’Expo e quasi che riguardasse l’intera cittadinanza) e da giugno, nel corso di ben cinque mesi di “dimenticanza”, è rimasta così.
Ma ora è arrivata una petizione indirizzata all’assessore alla Mobilità e all’ambiente Marco Granelli e al presidente di Atm Luca Bianchi, dove si chiede la rimozione dell’allestimento provvisorio e in cui si parla delle “pressioni” cui avrebbe ceduto proprio il presidente della società che gestisce il trasporto pubblico meneghino. “Le cause – vi si legge – come matrimoni e adozioni gay, corsi sulla fluidità sessuale e utero in affitto, sono ideologiche e politiche, totalmente divisive nella cittadinanza largamente contraria. L’Amministrazione pubblica non può strumentalizzare i beni comuni ad uso e consumo di una specifica fazione”.
“Di questo passo – proseguono i promotori – ogni amministrazione si sentirà autorizzata a regalare questo o quel pezzo della città a entità politiche per fini elettorali. Inaccettabile. Il servizio di trasporto pubblico è finanziato coi soldi di tutti i cittadini e di tutti gli utenti: non è giusto usare una fermata metro per esaltare le idee di certi passeggeri a scapito di quelle di altri. Non esistono – concludono – passeggeri di serie A e di serie B”.