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“Uscire dall’Euro con un decreto e una nuova Banca d’Italia”

Sovranità monetaria, un approccio diverso rispetto all’immigrazione e il “ponte” tra Russia e Usa. Abbiamo intervistato il giornalista e analista politico Cesare Sacchetti per cogliere alcuni interessanti retroscena sugli equilibri (o squilibri?) europei

L’Italia? Un ponte a stelle e strisce verso Mosca, attraversato dall’ambivalenza di essere asse portante dell’attuale Europa e di covare al suo interno spinte verso l’uscita dall’Eurozona. Pur, chiaramente, con l’obbligo di rintracciare “soluzioni alternative”, in vista delle brevi scadenze dettate dal Quantitative Easing. Non il Paese che soccombe sotto il peso dei debiti, non quello costretto a sottostare ai diktat che provengono da Bruxelles e dai suoi portavoce. Almeno secondo il quadro che ne fa il giornalista e analista politico Cesare Sacchetti. Lo abbiamo intervistato sui possibili equilibri economico-sociali che si vanno delineando, sulla gestione dell’immigrazione massiva e sulla Grecia “reale”. Quella dimenticata e lontana dai toni enfatici della stampa ufficiale che, dati alla mano, è ancora lontana dalla fine dell’austerity. Ne è uscita un’analisi interessante e puntuale in cui si parla anche di Ong e George Soros.

Recentemente ha scritto di un possibile superamento dell’ordine economico-sociale attuale per mezzo di un’asse Washington-Roma-Mosca. Sarebbe un assetto storico vista la possibile distensione tra Usa e Russia. Quali sono gli aspetti a favore di questo scenario?
Gli aspetti a favore sono molteplici. Innanzitutto l’Italia ha una grande opportunità in questo scenario. Se attualmente l’UE e l’eurozona rappresentano una gabbia per l’economia italiana, la posizione ferma del governo giallo-verde nei confronti delle politiche di austerità di Bruxelles può contare sul sostegno delle due prime superpotenze mondiali. L’Italia in questa partita non è sola, e può essere un ponte anche per avviare un dialogo tra Washington e Mosca; un dialogo che dopo l’elezione di Trump alla Casa Bianca è ripartito, seppur con molte difficoltà, a causa delle resistenze del deep state di Washington.

L’Europa come ne uscirebbe da un’asse di questo tipo?
Se c’è qualcuno che rischia di rimanere isolato in questo scenario è proprio l’UE. Trump l’ha definita in una sua recente intervista un “nemico” soprattutto per sue politiche commerciali che danneggiano gli interessi americani. Un messaggio rivolto in particolare alle politiche commerciali tedesche che grazie all’euro – una moneta “grossolanamente svalutata” come la definì il consigliere economico di Trump, Peter Navarro – continuano a pesare sulla bilancia dei pagamenti americana. Non va meglio con i rapporti con la Russia, dove le sanzioni contro Mosca hanno procurato danni per centinaia di milioni di euro all’export UE, quindi in questo contesto geopolitico l’unica sponda rimasta a Bruxelles è quella della Cina.

Dijsselbloem ha detto che la crisi dell’Italia rimarrà confinata all’Italia stessa. E’ plausibile pensare che la situazione economica del nostro Paese – Stato membro che fa parte dell’Eurozona – rimanga tutta nostra? O c’era dell’altro nelle parole dell’ex presidente dell’Eurogruppo?
Le parole di Dijsselbloem possono essere lette come un segnale indiretto a Bruxelles. L’ex presidente dell’Eurogruppo ha sottolineato che il punto debole del nostro Paese è il sistema bancario, e quindi una crisi in questo settore avrebbe portato ad un’implosione dell’economia italiana. Questo ha portato ad interpretare le sue parole come una sorta di messaggio alla Commissione:” se volete colpire l’Italia, attaccate le sue banche.” L’Italia è la terza economia dell’eurozona, credere che la sua situazione possa restare “isolata” come crede Dijsselbloem, mi sembra più un suo personale auspicio che un’effettiva analisi di ciò che potrebbe accadere.

Un’uscita dall’euro è percorribile? Se sì, con quali strumenti?
Il governo gialloverde ufficialmente nega che questa possa essere una soluzione, ma è stato lo stesso ministro Savona a dichiarare che occorre tenersi pronti ad ogni evenienza. Personalmente, resto convinto che questa sia la soluzione migliore per consentire all’economia italiana di ripartire. La sovranità monetaria eliminerebbe alla radice il problema della dipendenza dai mercati, dal momento che l’Italia potrebbe finanziarsi da sé emettendo la sua moneta, come fanno tutti gli Stati del mondo fuori dall’eurozona che dispongono di questa facoltà. Per uscire servirebbe una nuova banca d’Italia completamente dipendente dal Tesoro, e un decreto legge da applicarsi in un fine-settimana. Il 31 dicembre finisce il Quantative Easing, l’unico strumento che attualmente consente di abbassare i rendimenti dei titoli di Stato. Da quel momento in poi, siamo in acque inesplorate.

Come vede la politica portata avanti da Orbàn in Ungheria? L’Italia deve imparare qualcosa in tema di gestione dell’immigrazione incontrollata oppure no?
Su questo, prenderei come riferimento il provvedimento legislativo approvato dal Parlamento ungherese, noto anche come “Stop Soros”, proprio per gli effetti che ha sulle Ong del magnate americano. La legge in questione rende molto difficoltoso per le organizzazioni finanziate da Soros, supportare l’immigrazione illegale.

L’Italia dà all’Europa meno di quanto prende. Nel 2016 ha versato 14 mld a fronte degli 11,5 ricevuti. Paesi come Polonia e Romania sono tra i primi cinque ricettori di contributi europei, a fronte di quote irrisorie versate. Come se ne esce?
Il nodo dei fondi strutturali è una delle questioni più gravose per l’Italia. Attualmente siamo il terzo contributore netto nell’UE, e molto spesso ciò che riceviamo indietro non arriva nemmeno a destinazione per aiutare gli investimenti necessari alle economie delle regioni italiane. Nella prossima manovra UE 2021-2027, l’Italia ha un enorme potere negoziale su questo. Potrebbe usare il suo potere di veto in consiglio UE sulla manovra se non dovesse vedere esaudite le sue richieste sul meccanismo di finanziamento dei fondi strutturali.

Il mainstream ha salutato l’uscita dal piano di aiuti della Grecia come la fine della crisi. Eppure i segni dell’austerità rimangono. Qual è la situazione reale?
La situazione reale ce la forniscono i numeri. Dopo che la Grecia ha applicato le politiche di austerità, la mortalità infantile è cresciuta del 43%, il tasso di disoccupazione è del 19%, e quello della disoccupazione giovanile è al 37,9%. Se questo vuol dire “uscire dalla crisi”, non oso immaginare cosa voglia dire restarci.