Il “sindaco dei migranti” era il capo che influenzava i ministeri e aveva contatti con i dirigenti, cui dettava l’agenda da seguire. Gli aiuti per i bisognosi utilizzati per fini privati e il vantaggio patrimoniale quantificato in quasi due milioni e mezzo
Non è il Mimmo Lucano delle misericordie quello che emerge dall’ordinanza firmata dall’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Locri. Sono le 129 pagine a mettere nero su bianco che non è di “modello” che si è trattato, ma di “sistema”, Capillare, per giunta. Il sindaco dei migranti era il sindaco-capo che godeva di aiuto tra le sfere alte della politica e nei ministeri, e che proprio grazie a questo riusciva a gestire associazioni, cooperative, dipendenti la cui affiliazione al sistema garantiva una serie di benefici. Altro che agenzia matrimoniale improvvisata, altro che favoreggiamento dell’immigrazione. Il quadro dei reati che ha portato all’arresto di Lucano è ben più ampio e copre un lasso di tempo che va dal 2014 a oggi. Altri trenta, i nomi iscritti nel registro degli indagati assieme al primo cittadino di Riace.
Il ruolo dei funzionari del ministero dell’Interno uscente
Non c’è spazio per le libere interpretazioni nelle parole della Procura di Locri, secondo cui gli indagati – con Lucano alla guida – erano in grado di “orientare l’esercizio della funzione pubblica degli uffici del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna”. In pratica Lucano non solo era in grado di contare su facce amiche anche negli uffici alle dipendenze dell’onorevole Marco Minniti, ma ne influenzava le attività per quello che riguardava il comune calabrese. “Lucano Domenico – si legge infatti – promuoveva e organizzava l’intera struttura – definendo le linee operative e curando i rapporti con Istituzioni e dirigenti, al fine di individuare gli strumenti necessari a interferire sulla regolarità degli affidamenti e dei relativi pagamenti”. Una maglia intricata che, quindi, va a toccare anche il governo uscente, che in queste ore (non a caso) ha messo in moto la macchina della solidarietà. Il reato contestato dalla Procura, regolato dall’articolo 416 del codice penale, è quello di associazione per delinquere.
Gli aiuti per i migranti utilizzati da Lucano e gli altri
Il sistema Riace era inoltre assicurato da rendicontazioni indebite delle presenze degli immigrati, ma anche dalla gestione impropria delle derrate alimentari che dovevano essere destinate agli ospiti, che invece venivano utilizzate per fini privati. Speculazioni avvenivano anche sulle spese carburante e sulle prestazioni lavorative, coperte da fatture false ma nei fatti mai avvenute. Fare parte del sodalizio del sindaco-eroe significava anche poter contare su una sorta di bancomat perenne, che garantiva prelievi in contanti dai conti delle associazioni senza nessuna giustificazione. Il denaro non veniva utilizzato a fini sociali, ma andava dunque a ingrassare i sodali di Lucano e Lucano stesso.
I migliori anni di Lucano e dei Trenta
Intensa è stata l’attività del sindaco di Riace dal 2014 al 2016. Per il solo triennio a Lucano e ai rappresentanti legali di dodici associazioni che si sono costituite dal 2010 al 2016 vengono infatti contestati anche i reati di concorso formale e turbata libertà degli incanti. In pratica “mediante collusioni e altri mezzi fraudolenti, non ricorrendo ad alcuna reale procedura negoziale” avveniva la turbativa delle gare e degli affidamenti dei servizi di accoglienza migranti “in spregio – si legge ancora nell’ordinanza – ai principi di trasparenza, concorrenza ed economicità”.
Il vantaggio patrimoniale quantificato in più di due milioni
I migranti che erano solo di passaggio a Riace, rimanevano però su carta. Al Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e alla Prefettura di Reggio Calabria, i nomi di quanti avevano già preso il largo continuavano a essere comunicati, in modo da contare sulle somme destinate all’accoglienza anche quando l’accoglienza era finita da giorni. Migliaia di giorni (leggi anche I progetti fantasma di Lucano e Co.). Il vantaggio patrimoniale è, per il momento, quantificato in 2.300.615,00 milioni.
Il ricorso al Riesame della Procura di Locri
La Procura di Locri ha chiesto al Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che le ipotesi di reato a carico di Lucano che non sono state prese in considerazione dal Gip Domenico Di Croce vengano riconsiderate. Il procuratore Luigi D’Alessio non è cioè d’accordo con quanto affemato dal giudice per l’istanza preliminare nel provvedimento restrittivo, e dunque ha chiesto che le indagini a carico del sindaco di Riace proseguano. Al Tribunale del riesame la Procura di Locri chiede anche un pronunciamento sulla posizione di 14 indagati dei 31 indagati dell’inchiesta, per i quali aveva chiesto l’arresto.